Vita di paese – Episodio 2

di Irma Nisi

 

Braciole

 

Sfinito! Ecco come si sentiva immancabilmente dopo un’ora e mezza con quell’asino di Cesarino: asino come suo padre, che era stato suo compagno di scuola e per prendersi un titolo aveva dovuto farsi eleggere sindaco.
Quando Donna Netta, tre sfere disposte in crescendo verso il basso, si era presentata a casa sua e gli aveva puntato addosso gli occhi azzurri, Pelusi aveva capito. Era lui il prescelto: toccava a lui occuparsi del pargoletto e nessuno, neanche alle medie, avrebbe osato contestare gli insegnamenti impartiti dal maestro più rispettato del paese. Così tutti i santi giorni, dalle 14.30 alle 16.00, faceva accomodare Cesarino nello studio, chiudeva la porta e a furia di scappellotti e truci occhiate infilava di straforo qualche nozione nella testa di quello scapucchione, ben consapevole che nel futuro del ragazzo carte e femmine l’avrebbero sempre fatta da padrone.
Non che i soldi gli facessero schifo, per carità. Li accantonava settimana dopo settimana e gli davano anche un senso di sicurezza. Tuttavia più aumentavano più cominciava a preoccuparsi. Sarebbe mai arrivato il momento di utilizzarli? Perché erano trascorsi già due maggi da quello del loro matrimonio, ma Gabriela ancora non era rimasta incinta.
E sì che il Pelusi si dedicava all’opera con meticolosa precisione: tutte le sere dal lunedì al sabato e dopo il pasto della domenica per glorificare il giorno del Signore. Ma ancora nulla, il ventre di sua moglie rimaneva piatto come il primo giorno e la vita non sembrava propensa ad allargarsi.
Ma Pelusi era una persona pratica e ai problemi rispondeva con soluzioni. Così aveva chiesto consiglio a Don Aurelio, che già era un uomo di scienza e in più aveva avuto occasione di trasmettere la sua voglia a forma di tarallo sui deretani di una discendenza, legittima e naturale, tuttora non esattamente contabilizzata. Il medico condotto aveva stabilito che il problema stava nell’alimentazione: sua moglie doveva fare sangue e per fare sangue doveva mangiare carne, meglio se di cavallo.
Lo sconforto colmò lo sguardo di Gabriela nell’udire la prescrizione: braciole tutte le domeniche e il frutto della loro unione non avrebbe tardato a maturare.
Sulle prime la donna aveva anche provato a opporre una debole resistenza.
«Ma perché? Non ti piacciono quelle solite di vitello» gli aveva chiesto spaesata.
Allora era stato costretto a spiegarle: «Moglie mia, non c’è niente di meglio della carne di cavallo per fare sangue. E tu guardati come sei pallida. Così non andiamo da nessuna parte. E hai già ventitré anni. Sto figlio lo dobbiamo mettere in cantiere, sì o no?»
In verità Pelusi si sentiva anche buono: la cosa migliore sarebbe stata farle mangiare le fettine di cavallo appena scottate. Ma lui lo sapeva che Gabriela a tanto non ci sarebbe mai arrivata.
«Gabriela, le braciole col sugo sono un buon compromesso! Non vuoi dare soddisfazione a tuo marito che si dedica alla creazione della famiglia tutti i santi giorni?»
E così aveva chiuso il discorso, da quel momento il pasto fisso della domenica prevedeva la carne di cavallo. Anche se i risultati a dire il vero non si erano ancora visti. Ed erano oramai sei mesi che sua moglie faceva spesa di carne da quel ladro di Toni il macellaio, l’unico che aveva carne equina in paese. Un gran puttaniere che ogni volta che Gabriela usciva dalla macelleria non si vergognava a guardarle il posteriore senza alcun ritegno. Ma per il bene della famiglia, anche questo Pelusi si sentiva disposto a sopportare.

«Ma dove si è cacciata?» tornò a domandarsi appena spazientito. E poiché mancavano venti minuti alla lezione successiva, decise di andare a fare una visita ai suoi suoceri. Così almeno qualcuno gli avrebbe preparato un caffè. Si appuntò di ricordare a Gabriela che a certi orari doveva farsi trovare in casa, che fargli il caffè del pomeriggio era uno dei suoi doveri e nella loro famiglia il rispetto dei propri compiti era fondamentale.
«Mi sentirà, lasciarmi senza caffè!»
Così in due minuti percorse il rettilineo che lo separava dal basso di Luisella e spalancò la porta d’ingresso:
«Mammà, buon pomeriggio. Come state oggi?»
Colta alle spalle, Luisella trasalì. Mai e poi mai si sarebbe abituata al vocione imperioso di quel genero che, per carità, era di certo un’ottima persona, ma quanto la metteva in soggezione!
«Figlio mio, sedetevi che vi faccio un caffè. Cosa vi porta da queste parti a quest’ora?»
«Mammà, oggi quando sono rientrato a casa, Gabriela non c’era, ma siccome mi aveva lasciato il pranzo caldo, io non mi sono preoccupato. Però ancora non è tornata, per caso l’avete vista? È stata qui?»
Luisella gli disse che era passata quella mattina e che forse le aveva detto qualcosa a proposito di una visita, ma lei stava impastando e cosa le avesse detto di preciso non se lo ricordava più.
Il caffè caldo rimise Pelusi di buon umore: «Non vi preoccupate mammà, una visita, di sicuro ha una visita. E chissà forse ci sono buone notizie in arrivo» disse quasi certo del motivo della visita e fiero di se stesso, pregustando il momento in cui la notizia della gravidanza si sarebbe diffusa.
Sarebbe stato un giorno di festa per lui, proprio come quando aveva sposato Gabriela.
L’aveva scelta con cura la sua futura sposa Pelusi, che lui di sorprese non ne voleva e cinque anni di lavoro al Nord, oltre al freddo, allo strutto e al pane che diventa vecchio in un giorno, gli avevano insegnato come non doveva essere sua moglie.
Di sicuro non sarebbe stata una di quelle che lavorano, chè le donne di quel tipo pensano di sapere le cose meglio dei maschi: voleva una donna silenziosa, rispettosa e ottima padrona di casa. Come era stata la buonanima di sua madre, che mai aveva fatto mancare niente a lui e ai suoi tre fratelli, tutti maschi, perché era anche da questo che si riconoscevano le femmine di razza.
E lui, che il fiuto ce lo aveva sviluppato, aveva cercato per due anni la persona giusta fino a quando quella sera, durante la festa del patrono, mentre l’orchestra dava il meglio di sé suonando la Lucia di Lammermoor in una Cassarmonica illuminata a giorno, l’aveva vista e aveva immediatamente capito che con lei era terminata la sua ricerca.
Seduta fra Luisella e l’Arcangelo, Gabriela incantata dalla rappresentazione, fissava la sagoma in movimento di Tony il macellaio, intento a soffiare come un mantice nel bombardino.
Conquistarla non era stato difficile: le paste alla domenica, i fiori ogni quindici giorni, il miglior pezzo di carne per la famiglia una volta al mese. E in tre mesi se l’era cavata. Il pensiero di avere una vera casa tutta per sé, cibo a volontà, almeno due vestiti a stagione per le feste e qualche altra piccola soddisfazione avevano fatto capitolare Gabriela alla svelta.

«E come avrebbe potuto essere altrimenti?» si disse il Pelusi alzandosi da tavola soddisfatto del caffè. Certo, un po’ di lavoro l’aveva dovuto fare, perché, nonostante la rigida educazione che Luisella le aveva impartito, la ragazza doveva essere addestrata al ruolo di moglie di una delle figure più onorate del paese, che di chiacchiere non ce ne dovevano essere. Ma era stata cosa da niente e quell’otto di maggio di due anni prima, tutto il paese aveva applaudito agli sposi che uscivano dalla Chiesa Madre: Pelusi con il suo metro e sessanta di altezza e al suo fianco la ragazza più bella. E forse adesso era finalmente giunto il momento di diventare padre, la gravidanza avrebbe messo immediatamente a tacere quelle voci che stavano iniziando a circolare.
Così quasi di buon umore se ne ritornò a casa dove davanti alla porta lo attendeva già Pasquale, il figlio dello scarparo, che una frase in italiano non la metteva insieme, ma con i calcoli non era secondo a nessuno: spettava a Pelusi far sì che il ragazzo riuscisse a prendere il diploma di ragioniere. Era una promessa che aveva fatto alla defunta madre, che poi era anche sua cugina di primo grado. “Toglimelo dalla puzza di lucido” gli aveva detto spirando e questo era ciò che avrebbe fatto.
«Maestro, buon pomeriggio, stai in ritardo oggi!»
Il palmo sudaticcio della mano rimbalzò sul coppino di Pasquale. «Siete in ritardo, Pasquale, siete in ritardo!» sospirò Pelusi, titubante, ma solo per un attimo, sulla possibilità di centrare anche quell’obiettivo.
E alle 16.30 di Gabriela ancora nessuna traccia e allora…gira e vota, ce ni vitimu n’otra vota?

10 thoughts on “Vita di paese – Episodio 2”

  1. Ma che brava scrittrice sei Irma e che curiosità ci lasci sempre nei tuoi finali !!!!!! Una rivelazione !! 👏👏👏👏

  2. Behhhh … che curiosità ci fai venire Irma con i tuoi finali di racconti ?? Brava brava a!!!! E che scrittrice ..!!!! 😘

  3. La nostra amica Irma continua a tenerci incollati alle vicende della sensuale Gabriela… bella e frusculona, si direbbe da queste parti!
    Aspettiamo con curiosità il prossimo episodio…vai, Irma 📝💛

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