La Sarta

di Massimiliano Renaud

In quegli anni, vivere in Pennsylvania non era affatto cosa facile, soprattutto per una bambina nata ottava di diciassette fratelli, in una famiglia che aveva il denaro appena sufficiente per poterli sfamare.
Elisabeth Griscom vide per la prima volta la luce del sole il primo giorno dell’anno 1752 e fin dalle prime ore, la sua vita venne indirizzata verso l’attività del padre.
Betsy e i suoi fratelli, infatti, non possedendo che qualche giocattolo vecchio e malandato passavano gran parte del loro tempo nella sartoria di proprietà della famiglia, perdendosi tra fili, gomitoli e bottoni che si trasformavano in buffi mostri paffuti con occhi di mille forme e colori.
Educata in una scuola di Quaccheri, ebbe la possibilità di imparare a leggere, scrivere e, naturalmente, a fare l’unica altra cosa che potesse esserle utile quando, terminati i pochi anni di studi, sarebbe dovuta entrare a far parte a tutti gli effetti della sartoria del padre: cucire.
Il lavoro le piaceva e iniziò ad apprezzarlo ancor di più quando, a ventun anni compiuti, entrò nei ranghi dell’azienda un nuovo affascinante giovane apprendista al quale decise di donare il cuore fin dal primo incontro. Il ragazzo si chiamava John Ross, volonteroso, educato, rispettoso e statuario nipote di un colonnello dell’esercito.
John corrispose a tal punto il sentimento, che bastarono pochi mesi di sguardi complici, dolci parole e passeggiate al miele inseguendo le ombre lunghe del tramonto per iniziare a sognare un imminente matrimonio.
Così, in nemmeno una stagione, almeno nella mente innamorata dei ragazzi tutto sembrava essere deciso: una cerimonia sobria senza essere spartana con vestiti carini e pochi fronzoli, la preghiera silenziosa insieme ai famigliari e il solenne incrociarsi delle dita davanti al pastore, per rendere indelebili le promesse nuziali tradotte sul certificato da incorniciare sul camino.

Il puritanesimo estremista della società degli amici, però, divampò a bruciare i loro sogni al momento dell’annuncio al padre di Betsy.
“Dimenticalo Elisabeth, non succederà mai!”
“Ma, padre, noi ci amiamo, cosa importa se…”
“Sposare un miscredente è peccato mortale figlia mia, e ora che ho scoperto le intenzioni di quel garzone farò in modo che debba trovarsi un altro modo per guadagnarsi il pane!”
“Non è giusto, non potete impedirmi di seguire il cuore!”
“E’ vero, non posso, ma l’unica strada che potrai percorrere per seguirlo dovrà portavi lontano da qui! Con la mia attività non potrei mai permettermi di affrontare un tale disonore!”

Decisi a non arrendersi, quella sera stessa, nascosti in un fienile, Betsy e John riscrissero il loro futuro sotto un lume clandestino di candela.
“Non voglio rinunciare a noi, John.”
“Non dovremo rinunciare a nulla Beth, non a causa di queste regole insensate.”
“Cosa pensi di fare?”
“Penso di sposarmi, amore mio.”
“Non troveremo un solo predicatore in tutta Philadelphia che celebrerà queste nozze. I miei genitori sono personalità nella della Società degli Amici e nessuno avrà il coraggio di fare un tale affronto a mio padre.”
“Allora vorrà dire che non ci sposeremo a Philadelphia.”
“Oh mio Dio, vuoi davvero scappare? E dove andremo?”
“Fidati di me Beth, grazie a mio zio, qualche amico importante me lo sono fatto.”

Una notte di novembre del ‘73, un traghetto condusse i fuggitivi attraverso il fiume Delaware fino in New Jersey, dove il Governatore William Franklin, erede del celebre Benjamin, li unì in matrimonio in una piccola cappella dispersa in mezzo alla campagna.
Rientrati a Philadelphia quanto più possibile lontano dalla sartoria dei Griscom, dopo meno di due anni la famiglia Ross aveva avviato la propria attività di sartoria e tappezzeria che, nonostante la concorrenza spietata e l’avversione verso i due peccatori dell’intera ipocrita comunità, riusciva a far trascorrere una vita decorosa alla giovane coppia.
Betsy sembrava felice, frequentava la chiesa di Cristo Santo ogni domenica e grazie alle conoscenze dello zio del marito, iniziava a vantare fra i suoi clienti numerosi ufficiali, soldati e politici che in quegli anni si erano trasferiti in massa in Pennsylvania.
Il neonato Governo, infatti, aveva attirato in città frotte di uomini di Stato, generali e altri personaggi d’alto rango, seguiti da orde di persone comuni pronte a rappresentare, a colpi d’arma da fuoco, una delle due fazioni in cui la società era ormai spezzata: i fedeli alla Corona Britannica e gli indipendentisti rivoluzionari.
Il profumo amaro della guerra si diffondeva sempre più insistente per le strade della città dell’amore fraterno e cortei, scontri e piccole guerre di quartiere erano all’ordine del giorno.
E anche in una delle tante gelide mattine di gennaio in cui John Ross uscì per le sue commissioni quotidiane, l’odore della polvere da sparo e le urla di dolore accompagnavano l’incedere del tappezziere.
A un angolo di strada, la bottega di un fioraio lo attirò verso la vetrina: un regalo per Beth, perché no…
Un passo verso l’uscio e la vivace esposizione di pensieri d’amore colorati si trasformò in un inferno di vetro e fiamme che nel tempo di un lampo, fece di Elisabeth una vedova.
Vedova, a ventiquattro anni.
Il dolore, spesso oltre le soglie dell’agonia, imprigionò per mesi la giovane sposa in una stanza con una sola finestra sempre chiusa. E quando il tempo la liberò finalmente dal giogo dell’apatia, Betsy iniziò a concentrare ogni suo sforzo in direzione del lavoro tanto che, ben presto, i suoi affari iniziarono a volare oltre i confini dello Stato.
Trascorse così un lungo periodo in cui soddisfazioni professionali, clienti illustri e una certa qual notorietà si alternarono a momenti di inconsolabile angoscia e straziante solitudine.
Senza la compagnia dei figli che una carica esplosiva gli aveva portato via ancor prima di esser concepiti, gli restavano soltanto i Griscom con i quali, seppur a caro prezzo, aveva ricucito un specie di rapporto familiare, ma di certo meno intimo rispetto a due anni prima.
Trascorso il capriccioso Marzo, insieme alla morsa dell’inverno fuggirono anche gli ultimi fantasmi lasciando libero, nella mente e nel cuore di Elisabeth, lo spazio ai bei ricordi dei due anni passati al fianco di John al quale riusciva finalmente a ripensare senza naufragare nelle lacrime.
Poi, sotto al primo sole di giugno, successe qualcosa che cambiò, ancora una volta e per sempre, la sua vita.

La mattina era azzurra, radiosa, profumata, e anche la rivoluzione sembrava concedere un attimo di pace. Padrona e apprendiste erano concentrate sulle stoffe pregiate di quella che ormai era un diventata una sartoria di lusso, quando il consueto cigolio della porta annunciò l’ingresso di un nuovo cliente.
Un uomo imponente che indossava una divisa spezzata gialla e blu, precedeva un piccolo corteo formato da altre due persone ugualmente abbigliate.
“Buongiorno, Miss Ross.” Scandì il portavoce primo della fila.”
“Buongiorno a voi, Maggiore.” Rispose lei decodificando i gradi appuntati sulla giacca. “In cosa posso servirvi, signore?” Aggiunse alzando lo sguardo e notando che il secondo uomo della fila, ormai affiancato al primo all’interno del laboratorio, era lo zio del suo defunto marito.
“Il Congresso, miss Ross, ci ha affidato un incarico speciale e la maestria che vi contraddistingue mi fa credere che siate la persona più adatta per portarlo a termine.” Intervenne brusco il terzo uomo, senza dar modo ai suoi compagni di proferir parola.
“Oh ma…signor Colonnello, siete voi, vi chiedo scusa se per un attimo ho stentato a riconoscervi. E…ditemi, qual è questa importantissima commessa?”
Da una tasca della divisa dell’Esercito Continentale, il Colonnello estrasse uno straccio arrotolato sulla cui ruvida e sporca superficie era abbozzato il disegno di una bandiera.
“Non capisco, Colonnello Washington, cosa significa questo disegno?”
“Abbiamo bisogno di una nuova bandiera, Miss Elisabeth, è giunto il tempo di far sparire la Union Jack dai nostri colori.”
Betsy prese il pezzo di stoffa e iniziò a studiare quel grossolano schizzo: tredici strisce orizzontali bianche e rosse e un rettangolo blu, su cui spiccavano tredici stelle bianche a sei punte.
“Qualcosa non la convince?”
Chiese l’ufficiale cogliendo lo sguardo perplesso della sarta.
“Le stelle, Colonnello, le punte dovrebbero essere cinque, non vi è alcun dubbio.”
“Cinque? E perché mai? Non potranno mai riuscire perfette!
Betsy, senza rispondere, prese un foglio di carta, una forbice e in pochi secondi ritagliò un modello perfetto di stella a cinque punte che porse ai suoi illustri clienti.
I tre soldati, ammirati dalla destrezza della sarta e dal risultato ottenuto, incrociarono gli sguardi e diedero il loro immediato assenso.
“Sono sicuro che le vostre mani sapienti e il vostro gusto impareggiabile sapranno creare un capolavoro degno di rappresentare la nostra nuova nazione, cara Elisabeth.”
“Voi mi lusingate Colonnello Washington. Vi do la mia parola che da oggi, questo incarico sarà la mia sola priorità.”
“Torneremo fra due settimane, l’inizio di luglio è sempre più vicino e per allora, abbiamo grandi progetti.”
Emozionata, Betsy Ross salutò con un leggero inchino e si mise subito al lavoro ma dopo un istante, si alzò di scatto dalla poltrona di velluto nero come se un pensiero improvviso l’avesse schiaffeggiata. Corse ad affacciarsi sulla strada e guardò in direzione dei tre uomini che avevano appena lasciato il suo laboratorio.
“Colonnello Washington! Colonnello Washington aspettate!”
“Cosa succede, Miss Ross?”
“Avvicinatevi, vi prego, avrei una piccola curiosità.”
“Chiedete pure, sarò felice di chiarire ogni vostro dubbio.”
“Questa nuova bandiera, ha un nome?”
“Avrei pensato a Stars and Stripes Miss Betsy. Cosa ne pensate?”
“Mi sembra davvero un bel nome, colonnello Washington, davvero un bel nome.”

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