Du iu spich inglisc?

di Massimiliano Renaud

Dopo due mesi trascorsi a servire caffè e cappuccini al bar di una stazione metropolitana londinese, e ventidue ore totali di ripasso dei vaghissimi ricordi scolastici della lingua inglese sull’app “Babel”, Enrico si sentiva pronto ad uscire dal guscio di giovane e timido immigrato..
Per tentare l’ingresso nella vita quotidiana della capitale anglosassone aveva scelto un pub poco lontano dal suo monolocale e, mentre si riempiva lo stomaco con la seconda pinta di birra, da buon latino avevo deciso di mettersi alla prova: puntò una ragazza, più o meno sua coetanea, che giocherellava con un bicchiere vuoto seduta da sola al bancone del pub.
 

– Hello!
– Hello.
– You fool, I love you. C’mon join the joyride.
– What?
– No, niente, è che ogni time mi dicono hallo mi viene in mind la song dei Roxette.
– Oh my God, what are you saying?
– No, nothing, forget Roxette. Io arrivo da Italy! My name is Enrico, like vostro Enrico Ottavo!
– What?
– Enrico Ottavo, the prestigious king!
– Sorry, but i don’t…
– Ok, no problem, forget Enrico Ottavo. What is your name?
– Carol
– Carol! Io avevo un dog che si chiamava Carol!
– What?
– Un cane! Dog! Carol the dog!
– You are saying that i am a dog?
– No, cazzo no, ok please, forget my dog.
Per approcciare una ragazza hai canticchiato una canzone anni novanta senza alcun motivo, hai paragonato te stesso a un re che ha assassinato due delle sue sei mogli, solo perché è l’unico personaggio inglese di nome Enrico che conosci, e lei a un cane. Bella Enri, continua così che vai forte.
Devo assolutamente raddrizzare la situazione. Prendo un’altra birra.
– Listen, Carol, quale è il tuo job?
– Job?
– Yes, lavoro, job!
– I’m a scientific researcher
Come sarebbe bello avere anche una vaga idea di quello che ha detto…
– Ah, wow! Dev’essere beautiful!
– Yes, it’s a good job. And you?
– Me, in Italy, ero a barman in a discoteca of my city. And anche in London i am a specie di barman.
– Barman? So, you can do cocktails, long drinks…
– Yes, certo, ma in London più che altro caffè e cappuccini.
– Oh, so you don’t work in a club.
Merda, e adesso cosa avrà detto? Vabbè, buttiamoci.
– Breakfast.
– Breakfast? Where?
– Regent’s Park
– Oh, it’s a beautiful place!
– Yes, but i work sotto terra, non in the park.
– What is sotto terra?
– Sotto terra, in una metro station.
– Ah…
– Carol, i’m sorry ma believe me, nei last mesi i implemented my english, anche se i know che devo study ancora so much!
– Ok, never mind.
Questo credo voglia dire che del mio inglese non le può fregare di meno, ma potrei sbagliarmi.
– Well, Carol, forse you don’t understand pedissequament quello che i tell you, but sappi that i intendo to procrastinate in my tentativo di parlare to you.
E con queste due parolone di livello “terza pinta avanzato” o la va o la spacca. Intanto prendo un’altra birra.
– Sorry, but i don’t understand.
Come non hai capito? Ti facevo decisamente più sagace. Adesso chiedo un lampostyl al barista e magari ti faccio un disegnino. O magari me ne sto zitto e vado a smaltire la sbornia seduto sul cesso di casa, così almeno la smetto con queste figure di merda a raffica.
Dai, facciamo un ultimo tentativo, proviamo con qualcosa di più facile.
– Carol, do you like italian music?
– Yes, something.
– Something, tipo?
Tipo?
– Si, yes, che music you listen? Do you like “Last”?
Last?
– Yes, “Ultimo”, is very famoso in Italy!
– Oh, no, i don’t know him. I like Eros Ramazzotti, Claudio Baglioni…
Ammazza che gusti dimmerda…
– Oh, and i like Subsonica too!
– Subsonica? Anch’io! I know all songs! I listen loro very alacrement!
Alacrement è decisamente da quarta pinta, devo smettere di bere.
– Sorry, but, what is alacrement?
– Alacrement! Sempre! Every day!
Cazzo, la situazione sta definitivamente precipitando, forse è meglio tacere qualche minuto e lasciare sedimentare la situazione. Nel frattempo devo trovare qualcosa che la possa colpire davvero, qualcosa che almeno le interessi un minimo, qualcosa che possa frenare questa imbarazzante e piuttosto umiliante picchiata.
Ok, punterò su qualcosa o qualcuno di molto inglese, qualcosa o qualcuno che non possa non adorare, ci vuole un’icona britannica.
Ce l’ho!
– Carol, i love Lewis Hamilton.
– Are you gay?
– Ehm, no, i am no gay. I like your pussy, ehm, no, sorry, not your in particolare, i like it in generale…
E niente, game, set and match. Con questa abbiamo definitivamente chiuso la partita, si è addirittura girata dall’altra parte…
Hey ma, quelle chi sono? Si stanno avvicinando a Carol. Sono amiche. E ora me la porteranno via, proprio adesso che mi è venuto in mente un ultimo asso nella manica da giocare, anche se credo ci voglia ben più di un asso per convincerla a dimenticare un “mi piace la tua passera”.
– Carlotta! Carlotta! Andiamo dai!
– Si, un secondo e arrivo!
– Muoviti! Smetti di giocherellare con quel bicchiere e molla quello sfigato inglese! Luca e Marcello ci stanno aspettando fuori.
Oh, mio, Dio, quindi lei è ital…
– Senti, Enrico, ti chiedo scusa, ma quando ti ho sentito parlare in inglese non ho resistito, ero troppo curiosa di vedere fino a che punto, e a che pinta, saresti potuto arrivare per attaccare bottone. Mi dispiace, scusami ancora, davvero.
– Ma figurati, nessun problema, e poi ti confesso che un po’ l’avevo…
– No, ti prego, non dirmi che l’avevi capito perché peggioreresti la situazione.
Vabbè, alla fine almeno l’ho fatta ridere.
– Comunque, io mi fermo ancora una settimana qui a Londra e il mio albergo è vicino a Marylebone, a due fermate da Regent’s, magari potrei passare a farmi offrire un cappuccino…

E dopo aver schioccato un occhiolino malizioso, Carlotta era uscita lasciandosi alle spalle un ventenne semi ubriaco con l’espressione beota, seduto davanti a una pinta al bancone del pub. 

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