Benedictus

 di Massimiliano Renaud

La tunica ricoperta dalla polvere del prezioso marmo rosa di Verona sgusciò fuori dal cantiere e si arrestò per un momento davanti alla sagoma nera della Cattedrale, che la luna piena proiettava sul palazzo vescovile.
Una volta dissoltesi nell’aria le urla di due ubriachi che litigavano per qualche moneta sparita dal tavolo di un’osteria, Il gorgoglìo del Canale Maggiore restò l’unico suono a violare il silenzio perfetto della notte.
Le chiatte, terminato il loro viavai per fornire i materiali a scalpellini e spaccapietre, erano ripartite verso il Po permettendo di riporre il ponte mobile sulle sponde del canale, e ora i suoi legni scricchiolavano sotto il peso dell’ombra di un uomo.

La chiave estratta dalla tracolla di pelle sbiancata fece scattare una serratura lungo la navata destra della Cattedrale: quasi vent’anni dopo aver scolpito la sua firma sulla deposizione, il Caput Magister godeva ancora del diritto di potervi accedere a qualsiasi ora.
Nonostante avesse trascorso centinaia di giorni in quel tempio cristiano, la sensazione di pace che provava guadando la luce dei ceri di sego, resa tremula dalle lingue di vento che filtravano dalle finestre, era la stessa della prima volta.

Lo scalpiccío dei passi, lentissimi, rimbalzava tra le arcate fino a infrangersi nell’antro del coro dove, sulla destra alla base di un pulpito, giaceva la lastra cesellata dalla maestria del suo scalpello.
Fiero del suo operato, il Maestro osservò per l’ennesima volta la Croce sorretta da Giuseppe di Arimatea, guardò Maria e l’Arcangelo sostenere il Figlio di Dio sacrificatosi per la salvezza di uomini ingrati, e poi Giovanni, la Maddalena. Tutti a capo chino, schiacciati da un dolore eterno.


Commosso dalla sofferenza che trasudava dalla pietra, si inginocchiò per pregare con un soffio di voce il Cristo da lui stesso creato: “Guidate le mie mani, Signore, affinché possa realizzare un fonte battesimale degno di ospitare il Vostro corpo, come già faceste quando scolpii la mia firma in questa Cattedrale. Amen.”
Immaginando la preghiera in volo verso il suo destinatario, abbassò lo sguardo sull’incisione che, in quell’istante, gli sembrò quasi essere un atto di peccaminosa vanità.

Anno milleno centeno septuagesimo octavo scultor patuit mense secundo Antelami dictus sculptor fuit hic Benedictus

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