La dichiarazione

di Luigi Foglia

 

– Un caffè a quest’ora?
– Devo rimanere sveglio, lo sai – disse lui, scocciato dalla sua domanda. – E una birra – aggiunse.
– Come la vuole la birra? – domandò la cameriera, che stava ancora lì in attesa.
– Media. Chiara.
– Una anche per me – s’affrettò a dire lei, prima che la cameriera sparisse. – Tu non mangi?
– Devo rimanere sveglio. Lo sai.
– Vuoi un po’ del mio panino? – gli chiese, staccandone un pezzo e porgendoglielo. Adesso lo stava osservando, ma lui non si mosse per prenderlo. Così, se lo mise in bocca.
– Senti, sei tu che hai bisogno di energie. Mangia e sta zitta, per una volta.
In quel momento arrivò la cameriera con le bevande: – desiderate altro? – domandò, fissando prima uno poi l’altra. Venivano lì spesso ultimamente, pensò, e il viso di lei le era ormai familiare.      Non erano arrivati da molto in paese, questo lo sapeva, il loro accento li tradiva. Notò che lui indossava una tuta da ginnastica e una cuffia. Anche il suo odore non era male, gli piaceva. Ma gli occhi, ora che li guardava meglio, avevano qualcosa di strano.
– No, grazie – le rispose lei, dopo aver ingoiato.
– Allora vado, – disse la cameriera lanciandole un’ultima occhiata e notando che era vestita come l’ultima volta: una minigonna nera, dalla quale spuntavano i reggicalze dello stesso colore, e una maglietta fine che lasciava intravedere il reggiseno. E quel trucco, troppo pesante per essere un martedì sera, l’abbelliva comunque come una bambola di quelle che piacciono agli adulti, non ai bambini.
– Di chi sei la donna? – domandò lui, dopo aver bevuto il caffè ed essersi acceso una sigaretta.
– Di nessuno.
– Non ci credo.
– Credimi – disse lei, dando un altro morso al panino.
– Come sei vestita stasera?
– Come piace a te.
– Il tuo vestito mente – le disse, portandosi il bicchiere di birra alle labbra.
– Come dovrei vestirmi?
– Nuda per lui – rispose abbassando il boccale.
– E per te?
Altri clienti entrarono nella tavola calda. A quell’ora, molti andavano lì per cenare dopo il turno di lavoro. Entrando, diedero un’occhiata verso di loro e la videro subito.
Lui li sentì arrivare, ma non si mosse.
– Avete visto? È qui anche stasera, – disse il più grasso dei tre.
– Sì. È sempre bellissima, – affermò lo smilzo.
– Stasera a chi tocca per primo? – domandò lo sdentato.
Si sedettero e ordinarono, continuando a tenere gli occhi fissi su di lei.
Lei ricambiava i loro sguardi, di tanto in tanto.
Lui restava girato verso il bancone.
– Direi che tocca a me – affermò lo smilzo.
– E perché? – chiese il più grasso. – Oggi non ti sei ammazzato di lavoro in quella fabbrica, mi pare. Puoi aspettare.
– C’è mia moglie che mi aspetta – disse lo smilzo, prima di bere la sua birra.
– Aspetterà – rispose il più grasso, azzannando un intero panino.
– Ehi. E io? – domandò lo sdentato.
– Tu sarai l’ultimo. Ci metti una vita a mangiare – affermò il più grasso, ridendo subito dopo.
– Già, è vero – confermò lo smilzo, ridendo anche lui.
Lo sdentato si alzò di scatto attirando l’attenzione della cameriera, poi prese il coltello e lo puntò in direzione del più grasso che non si mosse.
– Calmati, amico – disse lo smilzo, prendendogli il polso. – Non mi sembra il caso di dare spettacolo. Ci guardano.
Lo sdentato affondò il coltello nel panino che aveva davanti, poi tornò a sedersi, incrociando le braccia.
– Ecco uno che lavora troppo, invece – disse il più grasso, sorridendo in direzione dello smilzo.
– Proprio così, – disse lui. – Proprio così.
– Andate al diavolo – disse lo sdentato.
– Sempre i soliti voialtri – disse la cameriera, portando loro tre bistecche con patatine fritte e altri tre boccali di birra. Poi tornò a guardare la coppia, indecisa se avvicinarsi o aspettare che fossero loro a chiamarla. Aspettò, adesso stavano parlando.

– Per te – ripeté lei – come vuoi che mi vesta per te, allora?
Lui si alzò coprendosi la testa con il cappuccio. Era pronto.
– Ti aspetterò al solito posto, quando avrai finito. Se hai bisogno, chiama.
– Non mi hai risposto.
– Vuoi sapere per me?
– Sì, te l’ho detto.
– Per me sarai vestita da sposa.
Si avviò verso l’uscita e si fermò a metà strada. Si girò in direzione dei tre seduti al tavolo, poi li raggiunse. L’odore di maiale che sentiva non era certo quello della bistecca, lo sapeva. Erano loro i maiali, pensò.
Lo guardarono tutti quando fece per aprirsi la felpa sganciando la cerniera fino in fondo, tenendola leggermente aperta sul fianco destro da dove il calcio di una pistola si mostrava lucido come una stoviglia appena lavata.
– Ci siamo capiti? – disse, tornando a vestirsi.
– Certo.
– Sì.
– Come sempre – disse il più grasso dei tre.
Poi andò verso l’uscita, recuperò il bastone che aveva lasciato appoggiato contro lo stipite della porta e uscì, senza voltarsi.
– Ma come fa una come lei a stare con quello? – disse lo sdentato.
– Già – disse lo smilzo, guardandola venire verso di loro, bella come non era mai stata.
– Semplice: l’amore è cieco – disse il più grasso dei tre.

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